Le dinamiche dell’attacco
Nella serata di lunedì 2 novembre, la capitale austriaca Vienna è stata colpita da un attacco terroristico che ha provocato cinque morti e circa 20 feriti (sette dei quali in gravi condizioni). L’attacco avrebbe avuto inizio intorno alle 20, a poche ore dall’entrata in vigore del nuovo coprifuoco indetto dalle autorità per contenere la diffusione della pandemia Covid-19 (circostanza che potrebbe aver contribuito a scongiurare un bilancio ben più grave di quello attualmente registrato).

Secondo le prime ricostruzioni, l’attacco avrebbe avuto inizio nei pressi della sinagoga di Seitenstettengasse, nel centro di Vienna. Giunto sul luogo, e trovata la sinagoga chiusa per disposizioni anti–covid imposte dalle autorità austriache, l’attentatore avrebbe rivolto il suo attacco contro i passanti nelle vicinanze, estendendo successivamente il proprio raggio di azione ad altre zone limitrofe alla sinagoga. Secondo alcuni video diffusi online da testimoni oculari, e stando alle dichiarazioni delle autorità austriache, l’attentatore entrato in azione era in possesso di armi semi– automatiche (utilizzate per la prima volta in Europa dagli attacchi di Barcellona del 2017), armi a canna corta (pistola), machete e una finta cinture esplosive. Dopo le prime indagine, le autorità sembrerebbero escludere la partecipazione di più attentatori. Tuttavia, nelle ore successive all’attacco sono stati effettuati 14 arresti, due dei quali in Svizzera.
Una prima perquisizione effettuata dalle autorità nell’abitazione del responsabile dell’attacco confermerebbe la sua vicinanza ideologica al sedicente Stato Islamico (Islamic State – IS). Nelle ore successive all’inizio dell’attacco, inoltre, su alcuni canali Telegram frequentati da simpatizzanti di IS sono circolate foto tratte da Instagram, raffiguranti il presunto attentatore, armato di machete, AK–47 e pistola, nell’atto di giurare la propria fedeltà al Califfo dello Stato Islamico, Abu Ibrahim al-Hashimi al- Qurashi. Le autorità hanno confermato la matrice ideologica dell’azione, precisando che l’attentatore neutralizzato era un cittadino ventenne con doppia nazionalità, austriaca e macedone, simpatizzante dello Stato Islamico e condannato ad aprile 2019 per aver provato a raggiungere la Siria (era stato poi rilasciato a dicembre dello stesso anno, per una riduzione di pena dovuta alla sua giovane età).
Il giorno successivo, lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco, pubblicando anche il video, attraverso il proprio canale Amaq News Agency, dell’attentatore intento a dichiarare la propria fedeltà allo Stato Islamico. Si tratta del secondo attacco rivendicato da IS in Europa nel corso del 2020 (dopo l‘attacco di Londra, compiuto a febbraio).

L’islamismo militante in Austria
Sebbene si sia trattato del primo attacco di matrice jihadista avvenuto nella storia recente del Paese, l’esistenza di una minaccia terroristica era stata evidenziata da una serie di operazioni effettuate dalle forze di sicurezza austriache, con l’ausilio delle agenzie di intelligence.
Nel 2018, il Federal Office for the Protection of the Constitution and Counterterrorism (Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung o BVT) austriaco aveva evidenziato in una sua relazione al parlamento proprio come il terrorismo di minaccia islamista rappresentasse la maggiore minaccia al sistema democratico del Paese.
Nel 2017, le autorità austriache avevano reso noto che 313 cittadini austriaci avevano tentato o si sono effettivamente recati in teatri di guerra per arruolarsi tra le fila dello Stato Islamico. Di questi, 94 avrebbero già fatto ritorno in Austria, mentre 55 sarebbero morti in Iraq e in Siria. 59 individui di nazionalità austriaca sono stati fermati alle frontiere mentre tentavano di raggiungere i territori controllati da IS, di cui 22 donne. Dei 64 foreign-fighters detenuti (ad agosto 2017), circa il 20% era di età compresa tra i 16 e 21 anni, confermando i timori riguardanti la cosiddetta “seconda generazione” di immigrati, la maggior parte dei quali (per quanto concerne l’Austria) provenienti da Cecenia (Russia), Turchia e Balcani (soprattutto Bosnia e Albania).
Negli ultimi cinque anni, inoltre, le autorità austriache hanno sventato diversi attacchi contro luoghi o siti sensibili. A dicembre 2019, su input di agenzie di intelligence di Paesi alleati, le autorità austriache hanno sventato un attacco terroristico che avrebbe dovuto avere luogo, tra Natale e Capodanno, nei pressi della cattedrale di Santo Stefano (a pochi passi dalla sinagoga di Seitenstettengasse). L’attacco sventato era stato programmato da un detenuto di origine cecena, arrestato per aver tentato in ben due occasioni di arruolarsi nello Stato Islamico, il quale era riuscito a tenersi in contatto con due suoi sodali (sempre di origine cecena) per portare avanti la pianificazione dell’attentato.
L’Austria costituisce, inoltre, un cruciale snodo finanziario e logistico per il network dello Stato Islamico in Europa.

Nel 2014, le forze di sicurezza austriache avevano tratto in arresto il noto predicatore di origine bosniaca Mirsad Omerovic (noto con il nome di battaglia di Ebu Tejma). Quest’ultimo era a capo di una rete di supporto logistico dello Stato Islamico e, secondo quanto riferito dalle autorità austriache e bosniache, avrebbe gestito in prima persona la partenza di 166 cittadini austriaci verso Siria e Iraq, garantendo loro il supporto necessario per il transito, attraverso alcuni suoi affiliati in Bosnia e Turchia.
In considerazione di tale minaccia, sin dal 2015 l’Austria ha provato a regolamentare secondo rigidi canoni la vita confessionale degli oltre 600.000 musulmani che risiedono nel Paese (su una popolazione di circa 8 milioni e mezzo di abitanti). La “Legge sull’Islam”, approvata dal parlamento austriaco nel 2015 (la precedente normativa risaliva ai tempi dell’Impero asburgico), riconosce una serie diritti alla comunità islamica austriaca, introducendo, d’altra parte, misure finalizzate al contrasto del radicalismo e dell’estremismo. Tra queste, il divieto di finanziamento dall’estero per i centri di cultura islamica e per le moschee del Paese, il divieto di assumere Imam stranieri, l’obbligo di professare i sermoni in lingua austriaca e il divieto dell’Hijab per le alunne negli asili e nelle scuole primarie. In seguito all’approvazione di questa legge, le autorità austriache hanno disposto, negli ultimi anni, la chiusura di numerose moschee e/o centri culturali islamici accusati di aver continuato a ricevere finanziamenti da Paesi stranieri (Qatar, Arabia Saudita e Turchia), alcune delle quali direttamente appoggiate anche dal gruppo ultra–nazionalista islamista turco dei Grey Wolves (Lupi Grigi). I membri di tale formazione, nota anche come Ülkü Ocakları, sono anche accusati di aver partecipato ai conflitti del Nagorno–Karabakh (al fianco degli Azeri), alle guerre cecene degli anni ’90 e al recente conflitto civile in Siria, oltre che di essersi resi responsabili di una serie di attacchi contro le comunità armene e curde presenti in diversi paesi dell’UE. Tale movimento è stato messo fuori legge in Austria (marzo 2019) e in Francia (novembre 2020), e un simile provvedimento è al vaglio delle autorità olandesi, svedesi, tedesche e belghe.
Verso un’inversione del trend?
Nel corso degli ultimi anni sono stati numerosi gli attacchi terroristici perpetrati nei paesi dell’UE da parte di militanti e di individui simpatizzanti di IS o di altre organizzazioni terroristiche di matrice jihadista.
Secondo quanto riferisce l’Europol attraverso il suo rapporto annuale TE–SAT (Terrorism– Situation and Trend), nel 2019 hanno avuto luogo nell’UE tre attacchi di chiara matrice islamista, in calo rispetto ai sette attacchi registrati nel 2018 e ai 10 del 2017.

Nel corso del 2020, il numero di azioni di matrice jihadista ha fatto registrare un nuovo incremento, con sette episodi accertati tra gennaio e l’inizio di novembre. Tale bilancio provvisorio è certamente influenzato dalla recente escalation di attacchi avvenuti in Francia, a seguito della ri-pubblicazione di alcune vignette satiriche del giornale Charlie Hebdo aventi come oggetto il Profeta Maometto e, in secondo luogo, dalle successive dichiarazioni di Emmanuel Macron sull’Islam, definita una “religione in crisi in tutto il mondo”. Le parole del presidente francese hanno provocato una dura reazione da parte del presidente turco Erdogan, il quale ha parlato di una “campagna di linciaggio” ai danni delle comunità islamiche in Europa, paragonabile “a quella contro gli ebrei in Europa prima della seconda guerra mondiale“. Al di là delle evidenti motivazioni politiche di tali tensioni (i due Paesi, infatti, sono in evidente contrasto su vari dossier regionali, in particolare sulla Libia, sulla disputa sulle esplorazioni petrolifere da parte di navi turche nelle acque greche e sul contenzioso territoriale relativo al Nagorno-Karabakh), le dichiarazioni di Macron e la successiva reazione di Erdogan hanno senz’altro contribuito a determinare un’ampia partecipazione alle manifestazioni anti–francesi registrate in diversi Paesi a maggioranza musulmana, a favorire una serie di attacchi contro interessi di Parigi nel mondo (il 29 ottobre, una guardia del consolato francese a Gedda è stata aggredita con un’arma da taglio) e, non ultimo, ad inasprire ulteriormente le tensioni latenti tra le frange più radicali delle comunità musulmane e la società civile dei Paesi europei. A tal riguardo si segnala che, nella notte del 30 ottobre, proprio nella città di Vienna, un gruppo di circa 40 manifestanti (di presunta nazionalità turca) avrebbe tentato di vandalizzare la chiesa di St. Anton nel distretto di Favoriten.
Dei sette eventi registrati nel corso del 2020, dunque, ben tre si sono verificati in Francia, in seguito agli eventi sopradescritti. Il 25 settembre, due passanti sono stati feriti nei pressi della vecchia sede di Charlie Hebdo, a Parigi, già teatro degli attacchi terroristici nel 2015. In questo caso, l’obiettivo dell’attentatore sarebbero stati alcuni dipendenti della testata giornalistica. Il 16 ottobre, un cittadino francese di origine cecena ha decapito, sempre nei pressi di Parigi, un insegnante ritenuto responsabile di aver offeso la religione musulmana (per aver difeso la libertà di espressione in riferimento alle vignette su Maometto ripubblicate dal giornale Charlie Hebdo). Il 29 ottobre, un cittadino tunisino ha ucciso con un’arma da taglio tre persone all’interno della basilica di Notre Dame, a Nizza.
Alcune delle maggiori organizzazioni terroristiche internazionali di matrice jihadista hanno rivolto appelli a compiere ulteriori attacchi contro gli interessi francesi ed occidentali, in risposta alla recente “aggressione secolarista” rivolta dai “crociati” contro l’Islam, il profeta Maometto e i suoi seguaci.
L’escalation di attacchi registrata nelle ultime settimane conferma, dunque, la capacità delle principali organizzazioni jihadiste internazionali di influenzare adepti e simpatizzanti, in particolare, nei paesi europei, a dispetto delle sconfitte subite, sul piano militare e territoriale, in Siria e in Iraq.
Le modalità e le armi utilizzate fanno dell’attacco di Vienna il più grave registrato in Europa dal 2017. Nel breve e medio periodo, non può escludersi la possibilità di ulteriori azioni, condotte da sostenitori o simpatizzanti dello Stato Islamico, così come di azioni di rappresaglia da parte di individui vicini alle ideologie di estrema destra e del suprematismo bianco, soprattutto alla luce della precarietà del contesto sociale europeo, fortemente influenzato dalle conseguenze economiche dell’emergenza da covid–19.